Monitorata, se tutto procede bene, non mi piace e non lo voglio

Sempre di più le donne che, scegliendo una struttura ospedaliera per la nascita del proprio figlio, riportano disagio, la sensazione di costrizione e percepiscono la frustrazione nell’aver subito il monitoraggio durante il loro travaglio.

 

Queste, le riflessioni in merito di Elisa Fasolini, ostetrica:

Il monitor elettronico fetale inizialmente era destinato a quelle donne con specifiche complicazioni durante il travaglio; poi, col passare del tempo, dai primi anni ’70, il suo uso venne esteso a tutte le donne indiscriminatamente e anche al momento della gravidanza. Ha permesso al personale ostetrico di assistere a più travagli, senza la necessità di stare accanto alla donna …

Questo monitoraggio fornisce sicuramente maggiori informazioni rispetto all’auscultazione intermittente … ma la domanda è: questo conduce a migliori esiti neonatali? I bambini nascono meglio con l’uso del monitor? La ricerca dice chiaramente di no. Anzi, studi randomizzati controllati evidenziano che il monitoraggio continuo aumenta il tasso di cesarei e di parti accelerati … L’unica “tecnologia ostetrica” che migliora veramente l’esito neonatale e materno è il sostegno individuale di un’ostetrica (OMS 1996).

Mentre i benefici del monitoraggio non sono dimostrati, non vi è nessuna ricerca su grandi numeri che indaga su possibili effetti collaterali dell’esposizione prolungata del bambino agli ultrasuoni.

… se una gravidanza fisiologica è seguita da un travaglio iniziato spontaneamente fino a prova contraria il parto sarà fisiologico.

… il battito cardiaco fetale di un bambino sano è sempre variabile con accelerazioni valide …

… un buon legame madre-bambino è un elemento che conferma, tramite il “sentire materno” il benessere del bambino stesso senza bisogno di ricorrere ad un monitoraggio del battito prolungato nel tempo…

E’ possibile scegliere diversamente se conosci i tuoi diritti.

Approfondimento dell’articolo e informazioni utili: http://www.giuliamorsiani.it/docs/MONITORAGGIO_IN_TRAVAGLIO.pdf

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Siamo così occupati a stare al passo con questa nuova tecnologia, a comprarla a imparare ad usarla, ad ammirarla … che non ci fermiamo a chiederci quali problemi può risolvere. Visualizzazione e resa in immagine sono di enorme interesse per noi ma possono non essere lo scopo per cui spendere il nostro denaro.  (Haverkamp 1985)

Sono una Donna

Sono una donna che sogna, che immagina, che crea

Sono una donna che lotta e che ottiene, che spera e a volte abbandona, che cade e che risale

Sono una donna che è tornata “bambina”, per poi ritornare donna ancora, ma vestita di nuovo

Sono una donna che è diventata madre; una, due, tre, tante volte, in tanti modi diversi

Una donna-madre, che ascolta, che interpreta, che riflette, che indaga, che cammina … cammina … cammina …

Che vede il corpo cambiare, modificarsi di continuo. Che convive con il costante mutamento. Si, ecco, sono una donna in mutamento. A volte mi piace e a volte no. Ma non è un problema. Il mio corpo cambia di continuo e le mie emozioni seguono questo movimento, per forza. Io seguo questo movimento.

Sono una donna che è diventata madre; sono un corpo che si fa spazio per ospitare un altro corpo. Sono una vita che ospita un’altra vita. E questa vita mi apre un mondo del tutto nuovo. Mi sento un po’ come un marinaio che non trova più i remi della propria barca. Conosco l’arte della navigazione, la natura mi ha fatta per questo, ma devo trovare i remi giusti per attraversare questo mare.

Una madre quindi che cerca, che non si accontenta mai. Sono una madre che teme, che ha paura, a volte vere, a volte illusorie, a volte troppe, a volte nemmeno una. Sono una mamma che “crea” le sue paure, anche se queste a volte, non hanno motivo di esistere.

E sono una madre orgogliosa di tutta se stessa e di tutto ciò.

Ma sono una madre che ha bisogno di alzarsi in volo e di liberarsi ogni tanto di tutto questo. Di respirare un’aria diversa, di “staccare la spina”, di vivere con leggerezza.

Di salire su, più su, sempre più su. Lì dove il panorama è diverso, lì dove la prospettiva cambia, lì dove il punto di vista è un altro. Alzarsi in volo, alleggerirsi di pesi che spesso non sono i miei. Di paure che spesso non sono le mie.

Una madre che ha bisogno di ridere, di entusiasmarsi, di essere felice. E di ricordarselo.

Si ho bisogno anche di leggerezza. Quella del gabbiano che “sfrutta” la forza del vento, dell’ostacolo, per restare in volo sopra quel mare.

Sono una donna

Sono una donna-madre

Sono … leggerezza

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Silvia Tessari

Una Nascita Benedetta

I rituali hanno la proprietà di toccare le radici dell’anima e di accedere ai livelli di realtà multipli coinvolti nella gravidanza e nella nascita. Il Blessingway è un rituale che ribadisce come la donna avrà un’esperienza di parto naturale e bella, ritualizza il supporto della comunità alla famiglia in attesa. Dà alla madre un’occasione di accettare l’attenzione della tribù e l’intensità di questa vulnerabilità. La madre impara ad accettare con grazia i regali per il suo bambino, così come accetterà la forza della nascita, comunemente chiamata dolore del travaglio. Ogni dono (contrazione) porta il suo bambino verso la terra. La Madre viene onorata per essere tra chi porta avanti nuova vita nella tribù”. Jeannine Parvati Baker 

Il Blessingway è una festa che crea una rete di sostegno emotivo e pratico utile al momento del parto e nel puerperio. La riscoperta del valore spirituale della Nascita in opposizione allo sfruttamento commerciale che oggi ruota attorno alla Maternità.
É un rituale di passaggio che nasce originariamente in America del Nord tra gli Indiani Navajo, una cerimonia di buon augurio organizzata per proteggere una ragazza durante la pubertà, un ragazzo che andava in guerra o una donna incinta.
Tra i nativi americani c’è la tradizione di benedire la futura madre prima che affronti il parto.
Questo da alle donne della tribù l’opportunità di infondere coraggio, forza, capacità di sorridere anche quando le cose si faranno più impegnative, vulnerabilità per piangere e chiedere aiuto e certezza profonda che, seppur con la possibilità di appoggiarsi alla propria madre, sorella, doula, ostetrica, quando dovrà superare l’ultima collina strisciando, camminando e volando, ogni donna sarà sola, come un’eroina.

Blassingway di Silvia e Gioele